è da un po’ che volevo scrivervi per condividere con voi due
libri per me molto belli e importanti che ultimamente mi è capitato di leggere.
Vedendo le immagini dell’incontro del papa coi giovani a Manila, soprattutto le
domande che Gyzelle di soli 12 anni ha fatto al papa (veramente commoventi e
pesanti), ho sentito l’urgenza di condividere quello che questi 2 libri hanno
significato.
Questi libri sono “Non dirmi che hai paura” (Giuseppe
Catozzella) e “Ciò che l’inferno non è” (Alessandro D’Avenia)
“Non dirmi che hai paura” racconta la storia di Samia, una
ragazzina di Mogadiscio che diventa atleta (e andrà a Pechino alle Olimpiadi),
ma è costretta al confronto con la situazione politica e religiosa del paese.
Così scappa per venire il Europa... e racconta il viaggio che tante persone,
prese dalla disperazione e dalla mancanza di speranza, fanno per cercare di
costruirsi un futuro di pace, dignità... Personalmente aiuta a vedere con altri
occhi queste persone, dal loro punto di vista, le loro aspirazioni, sofferenze,
quello che devono subire...
“Ciò che l’inferno non è” racconta la storia di don Pino
Puglisi attraverso la presa di coscienza che un giovane fa nell’entrare in
contatto con la situazione dei bambini e giovani del quartiere della sua stessa
città. Una situazione per lui inimmaginabile, dove si scontra con i suoi (e
nostri) pregiudizi su questi bambini, con l’indifferenza del suo mondo di
appartenenza... con la durezza di questi bambini, segnati fortemente da quello
che sono costretti a vivere... Personalmente ci ho visto tanto di Sighet, di
quello che tanti nostri hanno vissuto e vivono, e lo trovo un buon libro per
chi vuole prepararsi a fare i campi di solidarietà.
Credo siano bellissimi perché aiutano a guardare le
situazioni di queste persone dal loro punto di vista, coi loro occhi. E così
cadono i nostri pregiudizi o facili giudizi su persone che facilmente
giudichiamo come negative, ma senza capire la durezza della realtà in cui sono
cresciute. Credono che aiutino a creare in noi una cultura della “prossimità”,
immedesimandoci nell’altro, capendone le sofferenze e il perché di certe
scelte. E quindi farci prossimi, lottando insieme a loro per una prospettiva
diversa di vita.
E l’abbraccio che il papa da a questa ragazzina nelle
Filippine, che pone domande così pesanti e che dovrebbero mettere in crisi le
nostre coscienze, è l’abbraccio che dovremmo poter dare anche noi a tutte
queste situazioni di sofferenza.
Buona lettura e ditemi cosa ne pensate!
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